“LO VOGLIO ANCHE IO!”: L’INFLUENZA DEI NEURONI SPECCHIO
Se al goal della squadra del cuore istintivamente si solleva il braccio, o si hanno le lacrime agli occhi quando il protagonista di un film piange, la responsabilità è dei neuroni specchio.
Questi neuroni, scoperti all’inizio degli anni ’90 dallo scienziato Giacomo Rizzolatti, sono cellule presenti nel cervello che si attivano non solo quando si esegue un’azione, ma in modo analogo anche quando a compierla è un’altra persona. Si tratta di un meccanismo innato; guida le reazioni umane ed è alla base dei comportamenti imitativi, che influenzano in modo determinante gli acquisti degli individui e decretano l’emergere di tendenze. Spesso i neuroni specchio agiscono insieme alla dopamina, sostanza chimica del piacere rilasciata nel cervello, suscitando ad esempio il desiderio di avere il vestito indossato dalla modella in una rivista o di possedere lo stesso cellulare dell’idolo del momento. La capacità di un’azienda di costruirsi un’immagine distinta e una personalità forte consente perciò di orientare verso di sé i desideri dei consumatori che si identificano o aspirano alla visione proposta.
GLI STRUMENTI DEL NEUROMARKETING: IL BRAIN IMAGING
A partire dalle ricerche dello psicologo statunitense Paul Ekman è oggi possibile indagare le emozioni non manifestate verbalmente grazie all’interpretazione delle espressioni facciali, dimostratesi riconducibili a stati emotivi universali che influenzano e sono a loro volta condizionati dall’esperienza e dai comportamenti di consumo. Se il face reading rappresenta un’importante tecnica di comprensione del consumatore e del comportamento d’acquisto legata all’esternazione delle emozioni umane, ancor più significativa risulta l’esplorazione delle reazioni che rimangono invece celate nell’inconscio.
È tramite il brain imaging che, nella pratica, è possibile utilizzare le conoscenze neuroscientifiche al servizio di un marketing efficace. Attraverso questa tecnica il cervello viene “scannerizzato” ed è possibile conoscere le zone attivate nell’approccio al prodotto e comprendere come la stimolazione cerebrale agisce sulle scelte individuali.
Martin Lindstrom, esperto di branding, ha fondato le proprie ricerche di neuromarketing sull’utilizzo della macchina per la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
La fMRI si basa sulle proprietà magnetiche dell’emoglobina presente nei globuli rossi che portano l’ossigeno in circolo nell’organismo. Quando il cervello è impegnato in un’attività che ne coinvolge specifiche aree, queste hanno bisogno di una maggiore quantità di ossigeno e glucosio. Così, individuando le zone del cervello in cui il flusso di sangue è più intenso, è possibile analizzare come vengono interpretati gli stimoli provenienti dall’esterno.
Anche l’elettroencefalogramma (EEG) rappresenta un metodo di brain imaging in grado di fornire informazioni ulteriori sulla percezione del brand e il comportamento d’acquisto: i neuroni comunicano tra loro grazie a impulsi elettrici, e tale attività cerebrale può essere registrata mediante sensori posti sulla superficie della testa e in seguito convertita in misurazioni relative a engagement, memoria e attenzione.
ALCUNI RISULTATI
Il neuromarketing non ha mancato di stupire nei risultati prodotti dalle sue applicazioni.
In una delle ricerche coordinate da Martin Lidstrom fu messa alla prova l’efficacia delle avvertenze dissuasive sui pacchetti di sigarette. Sorprendentemente, nonostante i soggetti del campione si dichiarassero effettivamente scoraggiati all’acquisto alla loro vista, le scansioni cerebrali rivelarono che esse non producevano alcun effetto. Al contrario, in molti casi si attivava il nucleus accumbens, incoraggiando le sensazioni di piacere e desiderio.
Che dire del product placement? Dalle indagini emerse che, a dispetto della continua esposizione a logo e marchi, lo spettatore era in grado di identificarne e tenerne a mente ben pochi. Venne invece provata la sua efficacia quando il prodotto in questione era integrato nell’evoluzione della trama assumendo un significato autonomo all’interno della narrazione.
Il neuromarketing ha inoltre confermato la potenza dei logo nell’evocare l’immagine del brand tanto che, nel caso di marchi iconici come Coca-Cola, Disney o Apple, essi vengono richiamati alla mente e influenzano le nostre percezioni anche quando non li notiamo consapevolmente. Inoltre tali ricerche hanno però dimostrato che è un altro dei cinque sensi quello che, se stimolato, invia al cervello i segnali più intensi: l’olfatto.
In un contesto comunicativo sempre più caotico, in cui solo una minima parte degli innumerevoli messaggi inviati ai consumatori viene davvero recepita, il neuromarketing rappresenta lo strumento di ricerca ideale per l’implementazione di strategie mirate ed efficaci. Nella creazione di un brand che lasci la propria impronta nella mente del consumatore, ma anche nella selezione dei canali di comunicazione ottimali, conoscere come il cervello recepisce ed elabora i segnali inviati consente di soddisfare le esigenze implicite dei consumatori e può rivelarsi determinante per il successo.
Lindstrom M., Neuromarketing. Attività cerebrale e comportamenti d’acquisto, Apogeo Editore, 2009
Gallucci F., Marketing emozionale e neuroscienze, Egea, 2011
Babiloni F., Meroni V., Soranzo R., Neuroeconomia, neuromarketing e processi decisionali, Springer Verlag, 2007
Morin C., Neuromarketing: the new science of consumer behaviour, https://www.academia.edu/
Madan C., Neuromarketing: the next step in market research? https://www.academia.edu/