Il tema del cibo è di gran moda, ed è risaputoa: è tra i temi più discussi, fotografati, condivisi sul web e più presente in tv e negli eventi.
Analizzando questo trend, sia dal punto di vista dei consumatori sia da quello della comunicazione dei brand si è cercato di fare luce sul fenomeno e sulle sue possibili conseguenze.
Nell’ultimo decennio la passione per il cibo ha avuto una diffusione vertiginosa, diventando il tema preferito degli italiani. L’impennata di interesse ha avuto un impatto anche sulla scelta dei percorsi di studio, con un aumento delle iscrizioni agli istituti alberghieri e alle facoltà di agraria”. “Qualcosa di simile è accaduto anche nel mondo del lavoro: da un’indagine di Coldiretti su un campione di giovani risulta che il 54% ambirebbe a lavorare in ambito agricolo e che il 50% considera il lavoro del cuoco uno sbocco sicuro”.
Il diffondersi di programmi televisivi sulla cucina, sulle ricette e la presenza massiccia di chef, così come l’editoria legata a questi temi, hanno avuto un ruolo fondamentale!
Il digitale ha costruito un’esperienza diffusa del cibo. Le ricerche sulla preparazione di piatti sono aumentate in maniera vertiginoso dal 2009 a oggi; YouTube sta soppiantando i tradizionali ricettari, il 75% delle persone cerca informazioni sui prodotti alimentari su internet e il 60% commenta attivamente i contenuti sul cibo”. Il digitale presidia tutte le fasi del consumo alimentare e le ha socializzate: le ricette, le guide, la scelta del ristorante e la prenotazione, gli acquisti, le recensioni e i commenti. Questa socializzazione ha moltiplicato le occasioni di confronto tra le persone creando più conoscenza, più cultura e trasparenza.
Chi sono i foodies
L’aumento dell’interesse sul cibo e l’espandersi dei suoi cultori ha consentito la nascita dei cosiddetti foodies, cioè gli appassionati di cibo. Possiamo questo popolo in quattro tipologie di consumatori.
“I veraci”, ovvero le persone “per cui la tradizione è sacra, un valore importante. Si rivolgono ai ricettari di famiglia, amano i piatti fatti in casa: spesso le loro pratiche alimentari si inquadrano in un’estetica frugale; per loro la componente dell’immagine non è importante. Questi consumatori considerano il cibo un alimento e non vengono sedotti dalle nuove grandi tendenze.
“I gourmet” sono attenti all’immagine e alle tendenze, fanno riferimento all’alta cucina, alla personalità dei grandi chef.
“I foodster”, “che vogliono dissacrare il canone del buon gusto cui si attengono i gourmet, creando contaminazioni e contrasti. Si tratta di un target più presente nelle grandi città, per cui è importante la componente di socialità e attivo sul web.
Il quarto gruppo è costituito dai “ i critical”, che fanno scelte basate sulla sensibilità etica, con un forte interesse per le materie prime e la filiera di ciò che arriva in tavola.
Le tendenze emergenti nel mercato
Le aziende cominciano ad accorgersi di questi cambiamenti e tentano di interpretarli. E’ possibile individuare quattro tendenze legate ai foodies.
La prima è l’idea di anti-industrialità, che si esprime per esempio nelle iniziative di autoproduzione, nell’attenzione alle materie prime e a come vengono selezionate. Si sta affermando il valore della naturalità. Ci sono marchi che infatti stanno adottando un’estetica anti-industriale: per esempio Yomo scrive sul fronte delle confezioni di yogurt “L’elenco di ingredienti più corto che c’è”, sottolineando come il prodotto sia fatto di pochi ingredienti naturali.
Un altro trend è la valorizzazione del Made in Italy per sostenere l’economia del paese, quasi con un ritorno ai valori autarchici.
Poi c’è la trasparenza: siamo sempre più interessati alla qualità dei prodotti, all’origine, al modo in cui vengono processati. Questo fenomeno si esprime per esempio nei ristoranti che hanno la cucina a vista, oppure online in iniziative come la piattaforma online di Barilla “guardatustesso”, che attraverso Google Street View mostra le varie fasi del processo produttivo.
Infine c’è il trend che viene definito come “healty chic”: “oggi gli alimenti bio, salutisti, dietetici o senza glutine, vengono raccontati in modo diverso: se una volta c’era una comunicazione di tipo razionale e quasi farmaceutico, ora i codici comunicativi sono cambiatia indicare che la scelta di questi prodotti non è un dovere ma qualcosa che spesso definisce la nostra identità. Per esempio dal verde per i prodotti bio e salutisti si è passati al nero, un colore legato a un codice premium.
I consumatori sono sempre più insicuri: quando la sicurezza cala, i consumatori tornano ai bisogni basici, come quelli fisiologici legati all’alimentazione. Questo elemento è stato però rivalutato in modo più evoluto: il cibo da elemento legato al valore funzionale diventa un elemento di realizzazione di sé. E infatti le aziende alimentari oggi raccontano il cibo come qualcosa attraverso cui ci esprimiamo. Per esempio la pubblicità di 4 Salti in padella Findus, in cui si vede una coppia gay, per parlare di un prodotto con un forte contenuto funzionale fa un racconto legato all’espressione del sé e all’autoaffermazione della persona.
Anche le imprese che non si occupano di cibo cercano di seguire l’onda del trend. È il caso dell’editoria: nei megastore di libri troviamo aree dedicate a corsi di cucina e spopolano libri di ricette e biografie di chef. Anche lo sport cerca di portare l’alimentare nel suo mondo: per esempio c’è un’app di allenamento di Nike per il pubblico femminile che in un’ottica di gamification sblocca dei premi che sono ricette di frullati su misura.